Da Bossetti in poi, il test del Dna sbaglia eccome


È prevista per il primo luglio la sentenza su Massimo Bossetti, accusato di aver provocato la morte di Yara Gambirasio. Il terreno di scontro tra accusa e difesa ha visto come protagonista il Dna. Per il pm Letizia Ruggeri il «Dna di Bossetti è perfetto e non contaminato. Non vi sono spazi di discussione per quanto riguarda la validità del lavoro scientifico svolto dal Ris e dai consulenti». Gli avvocati del muratore di Mapello, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, sostengono invece che «c'è solo un mezzo Dna contaminato» e che, come dichiarato all'AdnKronos, la custodia e la conservazione della traccia biologica «sono il tallone d'Achille» di un'indagine «con troppe anomalie».
Ricordiamo che prima di identificare Massimo Bossetti sono stati prelevati circa 18000 campioni genetici nella provincia di Bergamo, per una spesa di quasi 3 milioni di soldi pubblici. Non è questa la sede per una sentenza, ma il luogo, traendo spunto da questo cruento fatto di cronaca, per aprire una discussione sul test del Dna. Come racconta la famosa giallista Val Mcdermid in Anatomia del crimine - Storie e segreti delle scienze forensi (Codice Edizioni), da due mesi in libreria, negli anni novanta investigatori di mezza Europa erano all'inseguimento di quello che fu poi soprannominato il "Fantasma di Heilbron", una serial killer "apparentemente sovrumana", il cui Dna fu repertato in diversi omicidi e rapine tra Austria, Francia e Germania. Solo nel 2009 si scoprì che i tamponi di cotone usati per il prelievo del Dna dalle scene del crimine, prodotti tutti da una stessa ditta in cui erano impiegate donne dell'Europa dell'Est, non erano conformi agli standard e quindi il Dna delle lavoratrici, che si era sparso per tutta Europa veicolato da quei tamponi, combaciava con quello fantasma.
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