L'avvocato: «Ecco perché Massimo è innocente»

(Il Dubbio, 5 luglio 2016)
Abbiamo intervistato l’avvocato Claudio Salvagni, che insieme all’avvocato Paolo Camporini, difende Massimo Bossetti

Avvocato Salvagni si aspettava questa sentenza?
No, onestamente no. Sappiamo come sono le sentenze di primo grado. Però tecnicamente riteniamo di aver veramente smantellato tutto l’impianto accusatorio. E soprattutto, per quanto riguarda il Dna, abbiamo dimostrato quelle che sono tutte le anomalie, le imprecisioni, le incertezze, le possibilità di errori. Siccome questo è il punto nodale dell’intero impianto accusatorio, e ritenendo questo punto dubbioso, io mi aspettavo una sentenza di assoluzione quantomeno per insufficienza di prove.

Sulla questione del Dna, il genetista Emiliano Giardina, consulente della procura, ha dichiarato due giorni fa al “Corriere della Sera” che, con riferimento al lavoro che ha portato ad identificare Ignoto 1 con Bossetti, "Un errore è assolutamente impensabile. Non è possibile". 
Se non hanno commesso nessun errore, allora è pacifico che tra le 532 donne tra cui cercavano la mamma di Ignoto 1 non ci fosse Ester Arzuffi.  (ndr Giardina fu incaricato di confrontare il dna mitocondriale di 532 donne della Val Seriana, tra cui anche Ester Arzuffi, la madre di Massimo Bossetti, con il mitocondriale attribuito inizialmente al presunto assassino). Quindi non possono essere validi entrambi gli assunti: da una parte si dice che il Dna nucleare è del signor Bossetti e dall’altra parte si dice che il suo Dna mitocondriale non conduce a sua madre, per cui la signora Ester Arzuffi non sarebbe la madre di Bossetti. E’ evidente la contraddizione in termini.

Quindi è come se mancasse la prova del 9?
Certo. Su questo punto nessuno - e sottolineo nessuno - ha detto di aver sbagliato, quindi tutti i consulenti confermano i loro risultati. Nessuno quindi ha dato una spiegazione su questa incongruenza: se non hanno sbagliato come è possibile che ci siano insieme due aspetti completamente contraddittori?

Conferma che neanche i consulenti della procura hanno potuto verificare le perizie dei Ris sul Dna?
Il lavoro lo hanno fatto soltanto i Ris. Gli altri hanno potuto soltanto esaminare i risultati di quel lavoro. Ma l’estrazione del Dna, la quantificazione, l’amplificazione e l’attribuzione sono state elaborate soltanto dai Ris. E’ un errore madornale dire che quattro laboratori hanno effettuato lo stesso test. Non è vero.

Gillian Tully, Forensic Science Regulator del Governo Britannico, ha scritto: «Il Dna non mente. Rappresenta una prova eccezionale e schiacciante, ma nel processo di analisi esiste anche una interazione umana. La probabilità di errore è microscopica ma maggiore di zero». Nel caso Bossetti cosa è successo?
La Cassazione sostiene che bisogna fare almeno tre ripetizioni dei test sul Dna. La parte civile ha prodotto gli elettroferogrammi (il grafico che rappresenta le tracce di Dna) di queste tre ripetizioni. Tuttavia se andiamo a verificare il controllo negativo, cioè quello che deve escludere la contaminazione, rileviamo che c’è un picco in corrispondenza del numero 22 che non dovrebbe esserci e guarda caso il numero 22 fa parte proprio del patrimonio genetico del signor Bossetti. Quindi quegli elettroferogrammi non sono utilizzabili sostanzialmente perché hanno un controllo negativo che non è asettico. Questo secondo me inficia l’intero risultato. Il risultato è una prova schiacciante quando il percorso che ci conduce a quel risultato è perfetto.

In appello chiederete la riapertura del dibattimento per una nuova perizia sul Dna?
La chiederemo sicuramente. Mi sembra un principio di civiltà giuridica che l’imputato possa controbattere sulla prova che lo sta schiacciando all’ergastolo. Nel caso specifico il signor Bossetti non ha mai potuto partecipare ad una indagine genetica con i suoi consulenti. Addirittura non ha mai potuto vedere i reperti. Se per assurdo, ribadisco faccio una ipotesi assurda, qualcuno lo avesse voluto incastrare noi non abbiamo la possibilità di difenderci. Noi abbiamo dimostrato attraverso le fotografie che ad esempio sulla superficie e all’interno della body bag in cui è stato messo il corpo di Yara alcune persone sono salite con le scarpe; altri non indossavano neanche le cuffie per i capelli. Sono state commesse tante mancanze e negligenze. Noi non discutiamo il risultato; il problema è come si è arrivati all’identificazione genetica di Ignoto1.

Questo significa che l’atto del test sul Dna è ripetibile?
Noi sappiamo che ci sono ancora degli estratti di Dna da poter analizzare. Il problema è che non ci è stato mai consentito di effettuare ulteriori test.

Secondo lei, avvocato, la sentenza di condanna era la soluzione più facile per la Corte d’Assise?
Con tutta la pressione mediatica che abbiamo visto intorno a questo caso, una sentenza di assoluzione sarebbe stata clamorosa. Avrebbe esposto i giudici a degli attacchi incredibili. E’ per questo che in primo grado la sentenza di condanna era quasi scontata. Non ci dimentichiamo che il cosiddetto processo mediatico è il cancro della giustizia. I giudici popolari sono persone normalissime che siedono sul loro scranno per giudicare una persona e per un sacco di tempo vengono bombardati da notizie anche false come abbiamo visto in questo caso, notizie create ad arte. E questo genera ovviamente un convincimento anzi un pregiudizio. L’importanza dell’attività che viene svolta dai giornalisti è notevolissima e dovrebbe essere cristallina e non partigiana, schierata e appiattita sulle tesi della procura.

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