Diritto e speranza: i 200 anni della Polizia penitenziaria

Di Valentina Stella Il Dubbio 23 marzo 2017

Oggi, presso la Scuola di formazione dell’Amministrazione Penitenziaria “Giovanni Falcone', si celebra il bicentenario del Corpo di Polizia penitenziaria, alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando, del capo del Dap Santi Consolo, e dell’ad del Poligrafico dello Stato Paolo Aielli. In occasione dell’evento è infatti stato emesso un francobollo celebrativo, che avrà un valore di 95 centesimi e una tiratura di 600 mila esemplari, ed è stata coniata una moneta in argento da 5 euro, su cui è inciso lo stemma della Polizia penitenziaria con la scritta “Despondere spem munus nostrum” (“Garantire la speranza è il nostro compito”).
È il Regno di Sardegna a dare ufficialmente i natali al Corpo di Polizia penitenziaria attraverso le “Regie patenti” promulgate il 18 marzo 1817 che appro- varono il Regolamento relativo alle Famiglie di Giustizia. Vittorio Emanuele I avviava così la riforma delle carceri, specializzando i Soldati di Giustizia per le funzioni di sorveglianza e di sicurezza. Nel corso dei decenni sono stati diversi gli interventi sulla organizzazione e sui regolamenti del Corpo. Le tappe più importanti: il 1873, quando alla Polizia penitenziaria fu attribuito lo status militare, per cui gli appartenenti potevano essere sottoposti al codice militare in caso di infrazioni quali diserzione e insubordinazione; il 1923, quando la direzione generale delle Carceri e dei riformatori viene trasferita dal ministero dell’Interno a quello della Giustizia; il 1945 quando, con il primo provvedimento legislativo emanato nel dopoguerra in materia penitenziaria, fu decisa l’appartenenza degli agenti di custodia alle Forze armate dello Stato e l’assimilazione ai corpi di Pubblica sicurezza. Ma è il 15 dicembre 1990 che si assiste a una importante riforma: la legge 395 di quell’anno istituiva il Corpo di Polizia penitenziaria e il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria così come li conosciamo adesso. La ratio della riforma è stata quella di accogliere - come ricostruisce il Dap nelle note storiche - «le esigenze di cambiamento attraverso la riqualificazione, smilitarizzazione e sindacalizzazione, affidando alla Polizia penitenziaria, oltre ai tradizionali compiti di assicurare la sicurezza all’interno degli istituti penitenziari, anche la partecipazione al trattamento rieducativo». Con la riforma varata ventisette anni fa anche le donne entrano a far parte del Corpo con pari dignità e status professionale.

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