Roberti: «Sequestri ai corrotti? Attenti a non esagerare...»

di Valentina Stella Il Dubbio 27 giugno 2017

Nel pieno della discussione sulla riforma del Codice Antimafia, in attesa del via libera finale dell’Aula martedì, si inserisce la posizione inaspettata di Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo che nel consueto appuntamento domenicale de “L’intervista” condotta da Maria Latella su Skytg24, ha dichiarato di non essere d’accordo ad estendere le norme previste per i mafiosi sul sequestro e la confisca dei beni anche a coloro che sono semplicemente indagati per corruzione, senza il reato associativo. La riforma del Codice Antimafia, nata dalla proposta di iniziativa popolare sottoscritta da Arci, Libera, Cgil, Acli, allarga, infatti, la platea dei soggetti ai quali possono essere applicate le misure della prevenzione patrimoniale – appunto il sequestro e la confisca dei beni – anche a chi sia indiziato di uno reato contro la Pubblica Amministrazione, in particolare il peculato, la malversazione, la corruzione e la concussione. Gli imputati di questo tipo di reati potrebbero vedersi sequestrato il patrimonio che finirà gestito dall’Agenzia per i beni confiscati. Pur ribadendo che l’approvazione del nuovo Codice Antimafia è una assoluta priorità e che la cattura dei patrimoni illeciti è fondamentale perché «in- nanzitutto la confisca, quindi la sottrazione di patrimoni illeciti alle organizzazioni mafiose e la restituzione allo Stato, quindi alla collettività, è l’epilogo finale sempre necessario», «diversamente – precisa Roberti rispondendo alla giornalista in merito alla polemica su corruzione e sequestro dei beni– credo che una sola iscrizione per un reato per un’ipotesi di corruzione, tipo peculato, potrebbe non essere sufficiente, a meno che questo peculato non si inserisca in una trama associativa finalizzata a un programma di corruzioni, di peculati, di abusi, che denota l’estrema pericolosità di soggetti che fanno parte di questa trama. Se associamo l’associazione per delinquere finalizzata al peculato e alla corruzione alle indagini in materia di reati di corruzione, questi soggetti che sono indagati per il reato associativo e per reati specifici contro la pubblica amministrazione possono vedersi sequestrare beni. Questa sarebbe una norma molto utile, ma ripeto, bisogna agganciare sempre l’ipotesi del reato contro la pubblica amministrazione alla struttura associativa, all’associazione di tipo mafioso o all’associazione di tipo semplice, diciamo 416 del codice penale». Dunque per Roberti l’elemento discriminante per applicare le misure di prevenzione sul bene sono strettamente legate al giudizio di pericolosità del soggetto indiziato operante però all’interno di trama organizzativa. Qualche giorno fa, proprio sulle pagine del Dubbio, anche Antonio Ingroia, sorprendentemente, si era detto contrario a questa estensione, parlando di «eccesso di giustizialismo, chiara “sproporzione” e spari nel mucchio, perché secondo il magistrato– avvocato «si mettono sullo stesso piano il corrotto e il corruttore e si applica la norma a tutti i reati contro la pubblica amministrazione». Il testo non piace neanche a Forza Italia e agli alfaniani mentre il governo medita l’ipotesi – per molti remota – di porre la fiducia sul provvedimento. Ma a rassicurare gli animi dei democratici ci pensa Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia: «L’approvazione della norma sulla confisca dei beni», va approvata «così com’è», nonostante «tentativi di emendamenti da parte di alcune forze politiche» .

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