Farindola, riaperto il sentiero grazie al lavoro dei detenuti

di Valentina Stella Il Dubbio 12 agosto 2017

Grazie al lavoro di otto detenuti del carcere di Pescara, è stato riaperto il 3 agosto il sentiero della Vitella d’Oro nel territorio di Farindola, colpito lo scorso gennaio dalla tragedia della valanga di Rigopiano. L’Abruzzo si rialza dalle terribili calamità che lo hanno messo in ginocchio grazie dunque anche ad un protocollo sottoscritto d’intesa tra il ministero della Giustizia, il Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria per il Lazio, l’Abruzzo e il Molise, l’Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e il Comune di Farindola. Al taglio del nastro era presente la sottosegretaria alla Giustizia Federica Chiavaroli che nei mesi dell’emergenza ha seguito con particolare attenzione i risvolti della situazione. «Durante una visita a Farindola - racconta al Dubbio - constatavo come, oltre alla distruzione dell’hotel Rigopiano, molte altre risorse di quel Comune fossero state gravemente danneggiate dall’eccezionale ondata di maltempo. In particolare risultava impraticabile uno dei sentieri naturalistici più belli di quel territorio, incluso nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, che consente di raggiungere la famosa cascata della Vitella d’Oro. Sia il Comune di Farindola che l’Ente Parco erano privi delle risorse umane per provvedere al ripristino, per cui la situazione di quel percorso non pareva destinata ad una rapida risoluzione» . Per questo la senatrice Chiavaroli decide di rendersi promotrice del progetto per coinvolgere i detenuti in un percorso di giustizia ripartiva diretto al recupero e al ripristino dell’uso turistico del sentiero. «Gli operatori della Casa Cir- condariale di Pescara - prosegue il sottosegretario - hanno individuato 8 detenuti idonei ad usufruire di lavoro all’esterno e moti- vati a compiere un percorso dalle finalità riparatrici e solidaristiche, il Provveditore Regionale ha garantito la disponibilità di personale di Polizia Penitenziaria per la sorveglianza dei detenuti e dei mezzi di trasporto necessari per condurre i volontari a Farindola, l’Ente Parco ha fornito due operai specializzati in grado di coordinare le operazioni, il Comune di Farindola ha fornito i pasti ai detenuti coinvolti nel progetto grazie al coinvolgimento della locale Associazione Alpini». L’iniziativa è stata accolta positivamente dai reclusi: «i detenuti sono stati immediatamente entusiasti del progetto e di poter realizzare un intervento utile alla ripresa della Comunità di Farindola. Bisogna tener conto che loro, come tutte le persone da casa, hanno seguito - tramite i continui collegamenti televisivi con grande apprensione la vicenda dell’Hotel Rigopiano. Poter offrire un contributo concreto, nonostante la situazione penitenziaria contingente, ha rappresentato una grande opportunità per dare prova di solidarietà e partecipazione».
Sulla scia di quanto finora realizzato sono stati avviati i contatti preliminari per una prosecuzione del progetto su altre aree, in quanto il territorio ferito dal sisma è molto ampio ma lo si desidera risanare fornendo l’opportunità di compiere lavori socialmente utili anche a chi espia la pena in misura alternativa o a chi accede a percorsi di messa alla prova. «Il lavoro compiuto a Farindola dai detenuti - prosegue la sottosegretaria ha un valore eccezionale perché dimostra che, chi ha sbagliato, ha una grande motivazione personale a compiere gesti di riparazione nei confronti della società ferita dal reato. Certo, deve averne la possibilità, e su questo fronte ritengo che l’Amministrazione Penitenziaria stia facendo davvero il possibile, aprendosi sempre più a qualsiasi opportunità. Il sentiero ripristinato dai detenuti non è mai stato così bello e di questo si sono resi perfettamente conto anche i farindolesi, che hanno accolto l’impegno di questi particolari ‘ volontari’ nel modo più caloroso possibile. Con la locale Associazione Alpini, che ha preparato i pasti per i detenuti- volontari, è nato un rapporto di amicizia che piano piano ha coinvolto tutta la Comunità».
Tuttavia è raro dare notizie di iniziative come questa, mentre è più facile creare allarmismi riportando i dettagli delle evasioni. «Attraverso questo progetto - replica la sottosegretaria Chiavaroli - gli abitanti del Paese hanno toccato con mano come offrire a queste persone una possibilità rieducativa e di riscatto sociale garantisca la sicurezza e il benessere della Comunità molto più della mera segregazione. Certo un gran merito va attribuito all’équipe di osservazione e trattamento della Casa Circondariale di Pescara che ha saputo individuare le persone giuste e realmente motivate. È chiaro che nel compimento di questi percorsi la professionalità degli operatori nel proporre ai detenuti impegni proporzionali al percorso rieducativo compiuto ( se compiuto) è la vera garanzia di sicurezza. Se a questo si aggiunge, come nel caso di specie, la disponibilità della Polizia Penitenziaria a garantire una sorveglianza professionale e discreta, non credo vi siano ragioni di nutrire timori. Io sono molto grata a quella parte della stampa ( ancora poca purtroppo) che sceglie di dare rilevanza ad esperienze di bello e di efficienza, piuttosto che alle criticità, perché questo consente anche di comunicare all’esterno quali alte professionalità siano presenti in carcere, a partire proprio dalla Polizia Penitenziaria che ha, tra i suoi compiti, quello di partecipare alle attività rieducative. Risocializzare è, in fin dei conti, l’unico modo efficace per evitare la recidiva nel reato e garantire la sicurezza delle nostre comunità».

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