Interrogazione di Giachetti: Custodia cautelare oltre i termini per Giulio Occhionero?

Di Valentina Stella Il Dubbio 21 novembre 2017

La reclusione di Giulio Occhionero è un abuso della misura carceraria in fase cautelare? Lo chiede il vice presidente della Camera Roberto Giachetti al Ministro della Giustizia Andrea Orlando mediante una interrogazione parlamentare a risposta scritta presentata lo scorso 10 novembre. Sono trascorsi oltre dieci mesi da quando l’ingegnere nucleare Giulio Occhionero è stato rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli con la principale accusa di aver tentato di violare i sistemi informatici di politici ed istituzioni. Quel 9 gennaio 2017 finì nel carcere di Rebibbia anche sua sorella Francesca, indagata per le medesime accuse. Oggi la donna è libera, con l’obbligo di dimora nella capitale; ma il fratello resta dietro le sbarre. Per questo l’onorevole Giachetti  ha interrogato il Ministro ipotizzando un “forte sospetto del trattarsi di un ennesimo caso di abuso della misura carceraria in fase cautelare”. Le ragioni a supporto della interrogazione dell’esponente democratico, nato nel Partito Radicale, sono molteplici: “i reati contestati ai fratelli Occhionero sono puniti con la pena della reclusione fino a 5 anni”, la custodia cautelare sarebbe dovuta terminare il  3 ottobre di quest’anno “a decorrere dal decreto di giudizio immediato”, il teste chiave dell'accusa, il “sovrintendente capo del Cnaipic Francesco Cappotto, all'udienza del 10 ottobre 2017, ha rivelato che «lo scopo [dell'ing. Occhionero] non era distruggere o danneggiare»” e che non si sono registrati danni o interruzioni dei sistemi informatici che si assumono colpiti, “le stesse parti civili, a quanto risulta all'interrogante, non hanno lamentato che danni di immagine, cioè danni del tutto diversi dal danneggiamento o sottrazione di dati o interruzione dei sistemi informatici” . Tutti questi elementi porterebbero a pensare ad una “forzatura della detenzione del nostro assistito”, commenta al Dubbio l’avvocato Roberto Bottacchiari che insieme al collega Stefano Parretta difende i fratelli Occhionero: “il sospetto nasce dalla circostanza, ormai di solare evidenza, che la insussistenza di elementi idonei a sostenere l’aggravante che formalmente giustifica il maggior termine di custodia carceraria era e non poteva non essere nota agli inquirenti già al momento della richiesta di applicazione della misura stessa”. Il finale di Francesca Occhionero, almeno per ora, è diverso da quello del fratello e giorno dopo giorno tenta di riprendere in mano la sua vita, ma anche per lei si ravvisa un abuso della detenzione preventiva, come scrive Giachetti: alla maratoneta “venivano contestati gravi indizi di colpevolezza non in base ad indagini tecniche, ma in base a brogliacci di intercettazioni il cui effettivo contenuto, già alla prima udienza istruttoria, si è rivelato inconsistente, tanto che a Francesca Occhionero è stata eliminata la misura della custodia detentiva: nove mesi di restrizione carceraria la cui infondatezza ed inutilità è subito affiorata nel processo, insieme all'evidente contrasto con il principio della extrema ratio della custodia carceraria sancito dall'articolo 275 codice di procedura penale”. Pertanto l’onorevole dem chiede al responsabile di via Arenula di valutare “se sussistano i presupposti per l'esercizio dei propri poteri ispettivi, con riguardo al caso di specie e quanti siano nell'ultimo anno coloro che hanno scontato o che stanno scontando la custodia cautelare in carcere per reati strettamente informatici”. Intanto il processo a Roma va avanti - prossima udienza il 5 dicembre - così come vanno avanti le indagini della Procura di Perugia nei confronti di Eugenio Albamonte, pm titolare dell'inchiesta che insieme a due investigatori della polizia postale, Ivano Gabrielli e Federico Pereno, è indagato per falso e abuso di ufficio. 

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