Dell’Utri resta in cella: respinta l’istanza di revisione

Di Valentina Stella Il Dubbio 9 marzo 2018

La seconda sezione della Corte d'Appello di Caltanissetta ha rigettato ieri, dopo 4 ore di camera di consiglio, la richiesta di revisione, presentata dagli avvocati Francesco Centonze e Tullio Padovani,   per l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri, condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa con sentenza ormai definitiva. Respinta di conseguenza anche la richiesta di sospensione dell'esecuzione della pena avanzata dalla stessa procura generale di Caltanissetta. A caldo abbiamo raccolto il commento della moglie di Dell’Utri, la signora Miranda Ratti: “purtroppo quando le persone sono prevenute non ci si può aspettare nulla di buono. Questo provvedimento rappresenta una nota dolente per tutta la giustizia italiana”. La decisione, inizialmente fissata per il 18 gennaio, era stata rinviata perché, a sorpresa, la Corte si era vista sollevare un conflitto di competenza su input della Procura Generale di Palermo dopo l'istanza di incidente di esecuzione chiesto dai legali di dell'Utri alla Corte d'Appello del capoluogo siciliano. L'incidente di esecuzione nel frattempo però è stato respinto per le gravi condizioni di salute in cui versa l'ex manager, che deve scontare ancora un altro anno e mezzo di reclusione e che nelle scorse settimane è stato posto in detenzione ospedaliera a Roma, presso il Campus Bio Medico piantonato giorno e notte, per l’aggravarsi del suo tumore. Tutta la vicenda ha origine dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu) che tre anni fa condannò  l'Italia per avere processato ingiustamente l'ex numero due del Sisde Bruno Contrada, condannato come dell'Utri per concorso in associazione mafiosa. Per i giudici della Cedu all'epoca dei fatti contestati a Contrada il reato non era sufficientemente tipizzato, quindi il processo sarebbe stato celebrato illegittimamente. La Cedu fissò al 1994, anno della sentenza Demitry che specificò i contorni del concorso in associazione mafiosa, lo spartiacque oltre il quale, appunto, il reato ha assunto una connotazione chiara. La pronuncia di Strasburgo, a luglio scorso, dopo una lunga battaglia giudiziaria, è stata recepita dalla Cassazione che ha revocato la condanna del funzionario. Il caso dell'ex numero due del Sisde e quello di dell'Utri, anche lui ritenuto colpevole per fatti commessi prima del ‘92, presentano dunque importanti somiglianze, tali  da aver spinto i legali dell'ex senatore a rivolgersi alla Cedu, che non si è ancora pronunciata, e contemporaneamente a provare anche la strada dell'incidente di esecuzione davanti alla Corte d'Appello di Palermo. I giudici del capoluogo, però, avevano rigettato il ricorso. Gli avvocati si sono rivolti pertanto alla Suprema Corte che, pur non accogliendo l'istanza ritenendo che la sentenza Contrada non potesse essere direttamente estesa e applicabile a dell'Utri, "indicarono" la strada della revisione come l'unica percorribile. A quel punto la difesa dell'ex senatore ha presentato istanza di revisione davanti alla Corte d'Appello di Caltanissetta, ieri respinta. Per questo arriva un duro commento dai legali Centonze e Padovani, che abbiamo ascoltato a margine della decisione: “Siamo costretti a constatare che la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non ha valore per Marcello Dell’Utri. Eppure è chiaro che la sentenza Contrada esprime un principio di natura oggettiva, ovvero la non conformità del reato di concorso esterno in associazione mafiosa con il principio di legalità convenzionale e costituzionale, in quanto l’interpretazione giurisprudenziale di quel tipo di condotta all’epoca dei fatti contestati a Dell’Utri non era prevedibile. Al momento le uniche strade percorribili sono due: l’istanza alla Cedu già presentata e in attesa di essere decisa e l’impugnazione in Cassazione avverso la decisione della Corte di Appello di Caltanissetta. Il problema è che in entrambi i casi i tempi della decisione saranno molto lunghi”.

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