Trattativa Stato Mafia: 12 anni a Dell'Utri

Di Valentina Stella Il Dubbio 21 aprile2018
“Siamo profondamente delusi e sorpresi: è una sentenza che non ci aspettavamo assolutamente perché eravamo sicuri di aver dimostrato che l’ipotesi accusatoria non aveva alcun fondamento”: così ha commentato al Dubbio l’avvocato Francesco Centonze a pochi minuti dalla sentenza che ha condannato Marcello Dell’Utri, accusato di “violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario” –art. 338 cp -, a 12 anni di carcere e all’ “interdizione perpetua dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale durante la pena” nel processo sulla Trattativa Stato Mafia. Dell'Utri, secondo l’accusa, si sarebbe fatto “portavoce” delle minacce mafiose presso il governo Berlusconi. “Noi ritenevamo  - prosegue il legale - di aver dimostrato contro ogni ragionevole dubbio l’assoluta innocenza di Dell’Utri in questa vicenda. Siamo ansiosi di leggere come i giudici motiveranno questa decisione. Ricorreremo ovviamente in appello”. Sentenza inammissibile anche per l’altro avvocato di Dell’Utri, Giuseppe Di Peri, che esclude influenze mediatiche sul verdetto: “il presidente della Corte d'Assise Alfredo Montalto è di grande esperienza, e che abbia subìto pressioni dal sistema mediatico mi sembra difficile. Certamente questa sentenza di condanna era attesa da coloro che si erano costituiti parti civili, ma a me sembra assolutamente inaccettabile, e peraltro in controtendenza con le assoluzioni che ci sono state per il senatore Mannino e il generale Mori”. Come possiamo leggere nella memoria difensiva di quasi 300 pagine presentata dall’avvocato Centonze “la tesi della pubblica accusa della formulazione di una minaccia stragista da parte di Cosa Nostra non ha trovato alcun supporto nell’istruttoria dibattimentale. Nessuno dei testimoni della Procura ha mai fatto cenno a messaggi intimidatori da parte dell’organizzazione criminale a Dell’Utri e al Presidente Silvio Berlusconi”.  Aspetto ancora più rilevante, evidenziato dalla difesa, è che “all’esito del dibattimento non c’è la prova che Mangano (lo stalliere di Arcore, ndr) abbia incontrato Marcello Dell’Utri dopo aver ricevuto le indicazione da Brusca (ex boss della mafia, poi divenuto collaboratore di giustizia, ndr) e, anche ammesso che si siano incontrati, in ogni caso, non è stato dimostrato che Mangano abbia effettivamente trasmesso a Dell’Utri il messaggio minatorio”.  Le motivazioni arriveranno entro 90 giorni, la sentenza non è esecutiva, quindi solo qualora la condanna venisse confermata in Cassazione si riapriranno le porte del carcere per l’ex senatore di Forza Italia; l’uomo proprio due giorni fa è rientrato nel carcere romano di Rebibbia, dopo essere stato per circa due mesi ricoverato al Campus biomedico di Roma per effettuare la radioterapia a causa di un tumore alla prostata. Deve scontare ancora un anno e mezzo di detenzione per la condanna definitiva a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. La situazione giudiziaria alquanto complessa di Dell’Utri comprende al momento anche un ricorso pendente alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo attraverso cui, in sintesi, si chiede di applicare all’uomo quanto già avvenuto per Bruno Contrada, ossia l’annullamento della sentenza per concorso esterno in associazione mafiosa perché all'epoca dei fatti contestati a Contrada, così come a Dell’Utri,  il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non era sufficientemente tipizzato, quindi il processo sarebbe stato celebrato illegittimamente.  Lo scorso marzo la seconda sezione della Corte d'Appello di Caltanissetta aveva rigettato la richiesta di revisione di tale processo, decisione che i legali di Dell'Utri intendono impugnare in Cassazione. Probabilmente la pronuncia della Cedu arriverà dopo l’estate: se la richiesta dei legali venisse accolta l’Italia poi dovrebbe riconoscere l’eventuale accoglimento ottenuto in sede europea; considerando i tempi della giustizia si prevede che Dell’Utri dovrà scontare tutta la pena residua in cella.

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