Potrà vedere la mamma 92enne: a Gallico manca solo il sì del Dap

di Valentina Stella Il Dubbio 19 maggio 2018

Il 1 marzo, da queste pagine, il direttore Sansonetti diceva ‘grazie’ ad un magistrato di sorveglianza di Sassari che aveva concesso lo scorso 12 febbraio a un detenuto al 41 bis dal 1990 il permesso - di necessità ex art. 30 dell’ordinamento penitenziario - della durata di un’ora per visitare la mamma, molto anziana e in cattive condizioni di salute. La motivazione del permesso, arrivato dopo tre mesi dalla richiesta avvenuta a novembre 2017, era semplice: negarlo avrebbe reso inumana la pena. La decisione però aveva suscitato molto clamore, in quanto il detenuto è stato condannato per reati di mafia molto gravi, anche omicidi. Il recluso si chiama Domenico Gallico ed è considerato uno dei principali boss della ‘ndrangheta calabrese a Palmi. È stato condannato 7 volte all’ergastolo. La mamma ha 92 anni, e anche lei è stata condannata per mafia, prendendo un ergastolo. Il 17 febbraio Domenico Gallico parla al telefono con suo fratello Carmelo che vive a Palmi, Calabria, per comunicargli la ‘lieta notizia’. E così accadono due cose: il 2 marzo il Corriere della Sera pubblica stralci della telefonata e il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Gaetano Paci investendo la Procura della Repubblica di Sassari chiede che il permesso venga ritirato perché dalle parole scambiate dai fratelli si sarebbe dedotto un tentativo di fuga o la possibilità di compiere azioni eclatanti. Sul primo punto Domenico Gallico ha preparato una querela per la fuga di notizie sia in merito al permesso concessogli e non ancora attuato sia in merito al contenuto della conversazione che come ci spiega il suo avvocato Maria Teresa Pintus “è, anzi dovrebbe essere, coperto dalla massima riservatezza”. Quando Le chiediamo da dove sia partita la soffiata ci dice che le ipotesi sono varie: “il carcere di Sassari, quello di Palmi, la DDA di Reggio, le Procure interessate o addirittura il DAP”. Anche Carmelo Gallico, che ha scontato una condanna per associazione mafiosa risalente agli anni ’90, definitivamente assolto in altri procedimenti a suo carico e risarcito con oltre 14mila euro dal Ministero della Giustizia per “detenzione contraria alla dignità”, presenterà a breve una querela per diffamazione contro il Corriere della Sera e qualsiasi testata racconti fatti che non corrispondono al vero: “il giornale ha estrapolato frasi dal contesto – racconta al Dubbio - . E poi come può progettarsi una fuga in 10 minuti di telefonata durante i quali sapevamo di essere registrati, essendo a noi ben nota la regola vigente al 41 bis che dispone la registrazione delle telefonate dei detenuti con i familiari? Rivendico il diritto e la libertà di vivere dove voglio e di amare chi voglio, anche quella famiglia di cui porto il nome, un nome che è stato una condanna ma che non deve essere e non può essere un limite al mio diritto e alla mia libertà se vivo nel rispetto delle regole sociali e della legalità”. Il Tribunale di Sorveglianza intanto il 12 marzo, con una nota che definisce di semplice ‘correttezza istituzionale’ in quanto il reclamo non era giunto nei tempi stabiliti, conferma il provvedimento a favore del permesso sostenendo che “i profili di notevole pericolosità del detenuto erano stati ampiamente esaminati nell’originario provvedimento ed avevano difatti imposto di calibrare il permesso in termini particolarmente rigidi” e che “l’ascolto integrale della conversazione telefonica consentiva di escludere l’ipotesi di accordo al fine di perpetrare una fuga o comunque azioni che ponessero in pericolo la sicurezza della scorta o di altri”. A questa decisione si oppone nuovamente la Procura della Repubblica di Sassari sostenendo che l’interpretazione del magistrato di sorveglianza era “solo una tra le possibili in esito all’ascolto integrale” e che intanto il Gallico è stato raggiunto da un’altra condanna all’ergastolo. Il 22 marzo il collegio del Tribunale di Sorveglianza di Sassari rigetta il ricorso e conferma il permesso. La storia non termina qui perché arriva il ricorso per Cassazione da parte della Procura Generale presso la Corte di Appello di Sassari sia per questioni procedurali sia per sopraggiunte “conseguenze irreparabili derivanti all’esecuzione del permesso”. La Cassazione ancora non si è pronunciata ma intanto il 22 aprile il Tribunale di Sorveglianza di Sassari rigetta la richiesta di sospensione dell’ordinanza e conferma il permesso, adducendo le precedenti motivazioni. Nonostante questo ad oggi Domenico Gallico non ha ricevuto notizie in merito all’esecuzione del permesso perché l’amministrazione penitenziaria di Sassari ha comunicato ufficialmente all’avvocato Pintus di aver investito della questione gli “Uffici Superiori del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in quanto competenti per materia”. Abbiamo interpellato al DAP il dottor Roberto Piscitello, direttore generale dei detenuti e del trattamento, già sostituto procuratore DDA Palermo: “il permesso sarà eseguito in ossequio al deliberato della magistratura di sorveglianza quando le condizioni di sicurezza saranno certificate dagli organi competenti. Dall’altra parte il permesso è stato concesso ad un detenuto la cui straordinaria pericolosità ha dimostrato quando ha brutalmente aggredito un magistrato al quale strumentalmente aveva chiesto di essere interrogato. È responsabilità dell’amministrazione penitenziaria e degli organi competenti garantire ogni forma di sicurezza”. La questione ora è nelle mani del Dap. Attendiamo gli sviluppi.

Commenti

Post popolari in questo blog

Le commissioni di inchiesta in Parlamento

«L’avvocato non può essere identificato con l’assistito»

«Ridurre l’arretrato civile del 90%? Una chimera» Nordio ripensa l’intesa con l’Ue